PARERI DA PROFESSIONISTI!
- Greta
- 5 apr 2021
- Tempo di lettura: 9 min
Spero vi siano mancate le interviste multiple, perché qui ne abbiamo proprio una di ben tre docenti che ci illumineranno sulla cultura anglosassone e ci spiegheranno i loro pareri sull’insegnamento sia in Italia che in Inghilterra. Perciò prendetevi il vostro tempo, magari sorseggiate una buona tazza di tè, dato che qui ce ne sono di interessantissime informazioni che vi appassioneranno in un attimo!
Cosa la appassiona della lingua inglese? Per quale motivo?
Michelini: Ho sempre amato il suono della lingua inglese, soprattutto dell’inglese britannico. È una lingua precisa e musicale. Mi piace perché suona bene in qualunque contesto e ti permette di usare le parole giuste in ogni occasione, visto che è una delle lingue più ricche del mondo.
Baga: Ciò che preferisco lingua inglese è che permette di essere compresi in tutto il mondo. È ciò che inizialmente mi ha fatto avvicinare alla lingua, la sua internazionalità. Successivamente mi sono avvicinato al cinema, alla letteratura, alla musica e agli autori che ho adorato. Questa lingua si esprime in tutti gli ambiti possibili, per questo mi piace così tanto.
Zuin: Mi ha sempre appassionato fin da piccolissima grazie a mia mamma, che mi ha iscritto ancor prima di iniziare le Elementari a delle lezioni di una signora americana molto simpatica. La domenica, dopo la Messa, insegnava inglese ad un gruppo di bambini attraverso giochi e attività divertenti. Questa passione mi ha sempre accompagnato: trovavo semplice imparare l’inglese, probabilmente ero portata per cui mi è sempre piaciuto.
Tra l’inglese britannico e l’inglese americano quale preferisce? Perché?
Michelini: Senza dubbio preferisco l’inglese britannico. L’inglese britannico è più rigoroso ed elegante, quello americano sembra sempre colloquiale, non importa in che contesto si parli. Per molti l’inglese britannico è più complicato ed è vero, ma il suono della lingua è decisamente più piacevole per me. Chiaramente è un parere soggettivo, ma ho sempre trovato l’inglese americano un gradino sotto rispetto a quello britannico.
Baga: Ho imparato l’Inglese nel Regno Unito, quindi parlo l’Inglese britannico, ma gradisco anche quello americano, soprattutto nella dialettica di New York che è relativamente simile a quella britannica. L’Inglese britannico è sicuramente influenzato dall’Inglese americano dato che si seguono molto le serie americane. Il cinema americano è sicuramente molto importante, quindi si può parlare di un intercambio tra l’Inglese americano e l’Inglese britannico. Questi due sono assolutamente entrambi da tenere come riferimento e non ne ho uno favorito.
Zuin: Avendo vissuto in Inghilterra e avendo viaggiato molto nei Paesi anglosassoni, ho sempre pensato che l’accento inglese fosse più elegante. Mi piace di più forse anche perché è quello che ho studiato maggiormente. È la lingua che ritrovo nei libri, nelle poesie, nei Classici che leggo: quello è l’inglese che conosco.
Ha mai lavorato nel Regno Unito o negli Stati Uniti? Come ritiene sia stata l’esperienza?
Michelini: Non ho mai lavorato all’estero ma ho lavorato con tanti progetti inglesi in Italia, quindi ho avuto tantissime opportunità di lavorare con persone provenienti da tutti i paesi anglofoni: Inghilterra, Scozia, Stati Uniti, Australia e persino Trinidad Tobago. Ho lavorato soprattutto nel campo dell’ingegnamento. Sono stata invece spesso in Inghilterra per turismo e per motivi di studio, e prevedo di tornarci, quando si potrà, per un master in Letteratura Inglese. Sicuramente l’aspetto migliore della mia esperienza in Inghilterra è stato sentirmi come se la cultura inglese mi rispecchiasse più di quella italiana, in ogni senso: dalla lingua alle tradizioni, al modo di vivere.
Baga: quando studiavo all’università ho lavorato due estati in Inghilterra e mi è piaciuto anche se è stato complesso abituarmi alle tradizioni inglesi. Abitavo in campagna, nella zona Ovest vicino a Bath (Bristol), nessuno parlava Italiano, la colazione era un po’strana per me, mangiare alle sei anche. Mi ha insegnato molto sulla vita quotidiana e quindi è stato molto importante. Ho inoltre, conosciuto persone, amici con cui mi sono tenuto in contatto e ci siamo visti molte volte nel corso degli anni successivi. Gli Stati Uniti li ho visitati solo da turista ed era più complesso trovare lavoro, dato che ci sono dei requisiti differenti.
Zuin: Ho lavorato per anni in Inghilterra. Prima ho fatto un anno di Erasmus in Scozia, durante il mio percorso di studi universitari di chimica. Ero stata lì anche precedentemente, grazie a degli scambi culturali durante il Liceo e l’esperienza mi era piaciuta moltissimo. Dopo la laurea in Chimica faticavo a trovare un contratto a tempo indeterminato in Italia e questo mi innervosiva parecchio, dopo tanto studio. Quindi ho fatto domanda come tecnica informatica all’IBM in Scozia. Sempre in Scozia, ho fatto anche un corso postlaurea per insegnare e successivamente ho lavorato un paio danni a Canterbury come docente di Chimica.
Qual è l’aspetto migliore dell’insegnamento? E il peggiore? Per quale motivo?
Michelini: Credo che l’aspetto migliore dell’insegnamento sia la capacità di trasmettere agli studenti l’amore e la passione verso la materia che si decide di insegnare, coinvolgendo gli alunni e andare oltre quello che è il programma di studi; insegnare vuol dire preparare le ragazze e i ragazzi alla vita attraverso la cultura, quindi trovo che sia fondamentale a volte rompere le regole per parlare di quello che succede fuori dalle mura scolastiche. Nel mio caso, è bello anche cercare di fare tutto ciò in lingua inglese, per esercitarsi e per imparare vocaboli nuovi. Non credo ci sia un aspetto peggiore nell’insegnamento, ma piuttosto delle situazioni spiacevoli che possono verificarsi, come per esempio, una classe completamente disinteressata e irrispettosa. Oggi spesso gli studenti si costruiscono una corazza perché sono abituati a essere trattati come degli sciocchi, a non essere mai considerati seriamente, a sentire un professore che parla per un’ora senza mai chiedere ai ragazzi se abbiano capito o se vogliano dire qualcosa a riguardo. Bisogna iniziare a coinvolgere gli studenti in maniera più inclusiva, e a trattarli come delle persone che, mature o immature che siano, hanno una loro opinione riguardo le cose. Io tendo sempre a rispettare i miei studenti a prescindere; il rispetto però deve essere reciproco, ricordandosi sempre che si tratta di un rapporto insegnante-alunno.
Baga: L’aspetto migliore nell’insegnamento è sicuramente trasmettere la passione per l’inglese, questa è la cosa che mi piace di più e quando vedo che questo si verifica mi da molta soddisfazione. Gli aspetti meno gradevoli sono forse la correzione dei compiti e le verifiche. Sono impegnative, alle volte, e ne vengono svolte tante, anche di ripetitive. Sono l’aspetto del lavoro più noioso e meno interessante.
Zuin: Basandomi sulla mia esperienza personale, posso dire che in Inghilterra ho insegnato in una scuola media-superiore, a differenza dell’Italia gli studenti scelgono dove specializzarsi. Insegnavo chimica negli ultimi anni del liceo per preparare gli studenti ad affrontare proprio l’università di chimica. A mio parere, ci sono aspetti che sono affrontati meglio in Inghilterra ed altri meglio in Italia. In Inghilterra l’apprendimento è basato molto sull’esperienza e sull’attività pratica; nelle aule di matematica sono appese tutte le formule e non è richiesto di impararle, ma solo di saperle applicare. Per ogni disciplina ci sono vari livelli di competenza, uno studente può essere ad un livello molto alto in Scienze, per esempio, e molto basso in letteratura, per cui ha compagni diversi a seconda della sezione di livello in cui è inserito. Questa organizzazione per me è bellissima, perché le lezioni sono strutturate in base al livello di difficoltà, a misura degli alunni. Nessuno si sente frustrato per non raggiungere risultati standard e sono sempre stimolati a migliorare le loro conoscenze. Questa cosa aiuta molto anche a migliorare l’immagine di sé e a tenere alto il livello di autostima. Ho sempre apprezzato anche l’obbligo dell’uniforme scolastica, non ci sono vestiti di marca, la divisa è molto semplice e uguale per tutti, non si nota nessuna differenza tra classi economiche e sociali.
In Italia, invece, la teoria è una parte importante nello studio, a mio parere aiuta molto a sviluppare il cervello, a imparare e memorizzare. Saper comprendere un testo scritto con termini specifici è importante anche alla vostra età. Certo in Italia manca la parte sperimentale…
Immaginate che in Inghilterra sono gli alunni che si spostano nelle varie aule. Nella mia aula di scienze c’erano banconi e sgabelli. Per ogni postazione era disponibile un Becco Bunsen con un rubinetto di fianco. Per cui ad ogni livello i ragazzi potevano fare esperimenti, è proprio una scienza applicata e risulta appassionante anche per coloro che non sono interessati alla teoria. Camici, occhiali e libri sono a disposizione di tutti all’interno dell’aula. Le lezioni si svolgono dal lunedì al venerdì e non hanno compiti per casa. Solo per gli esami finali gli studenti hanno la possibilità di acquistare dei libri per lo studio e il ripasso del programma svolto, ma non sono comunque obbligatori.
Qual è l’aspetto culturale migliore a suo parere dell’Inghilterra? E il peggiore? Perché?
Michelini: Questa è una domanda complicata perché è difficile sceglierne uno. Amo profondamente la musica, l’architettura antica e soprattutto la letteratura. Amo anche tutto il resto ma dovrei fare una lista infinita. Ci sono però degli aspetti che non apprezzo: primo fra tutti la grande tendenza al bere fino a non stare più in piedi. I britannici sono un popolo estremamente rigoroso in ogni ambito, ma quando gli uffici chiudono e il lavoro termina tendono a lasciarsi andare completamente. A volte mi infastidisce anche l’aria di superiorità che alcuni inglesi hanno nei confronti del resto del mondo, soprattutto per quanto riguarda il rifiuto categorico ad imparare altre lingue.
Baga: Di solito, il popolo del Regno Unito è abbastanza pratico e sono molto attenti al lato concreto delle cose senza perdersi in conversazioni astratte. L’aspetto meno invitante è che, essendo su un’isola, si sentono sempre un po’ diversi dagli altri, un po’ speciali, mentre gli Europei continentali non hanno questo problema perché sono abituati a non sentirsi unici. Anche per la loro storia, sicuramente importante, gli Inglesi tendono a sentirsi in questo modo e fin troppo patriottici. È bene non generalizzare, dato che esistono anche parti del Regno Unito, come ad esempio la Scozia, con un’identità molto particolare, dove si sentono invece molto Scozzesi e non accettano gli Inglesi. Il Regno Unito è pluralità per questo ed è una cosa interessante, molto positiva il fatto che siano appunto quattro Paesi diversi ma anche uniti ed è peculiare questo Paese molto centralizzato ma in cui ogni Stato ha la sua politica, la sua autonomia, il suo primo ministro e delle tematiche anche solo a livello locale. (Devoluzione)
Zuin: Sono un po’ di parte, perché amo il mondo inglese. Anche a casa mi prendono un po’ in giro. Per me ci sono quasi solo aspetti positivi. La prima cosa che mi viene in mente è l’abitudine a mettersi in coda e rispettare il proprio turno. Non sono necessari i numerini. Nessuno spinge per salire su un autobus, per loro è una cosa impensabile.
In Italia, invece, capita spesso, pur di non perdere il proprio posto.
È presente l’atteggiamento del “politically correct”, cioè l’attenzione a non dire cose che potrebbero ferire l’altra persona. Sono molto attenti a questo anche i ragazzi. Il bullismo esiste ed è sempre esistito, ma è un fenomeno preso seriamente. I ragazzi sanno di essere tutelati e protetti, da tempo sono messe in atto strategie efficaci e forti, non temono quindi di riferire ad un adulto atti di bullismo. Ho vissuto questa esperienza da adulta, per cui non so se in passato il fenomeno fosse diverso. Un altro aspetto da apprezzare è che molti musei sono gratuiti, tutti quindi vi possono accedere; molto vivo è anche il volontariato.
Di negativo, e questo sono certa che abbia le sue ripercussioni, c’è un senso di famiglia meno profondo che in Italia. Si cena magari davanti alla TV, non c’è quel senso di convivialità che caratterizza noi italiani e a me questo è mancato. Io sentivo le famiglie disunite, abituano i bambini all’autonomia fin da piccoli. Quando insegnavo notavo che i ragazzini non avevano adulti di riferimento. A diciotto anni i ragazzi vanno già a vivere per conto proprio, in caso contrario il fatto viene vissuto come un peso. La famiglia non è il fulcro della vita dell’individuo.
Perché è così complesso imparare l’inglese per noi italiani?
Baga: Oltre la differenza tra la fonetica delle due lingue, si potrebbe sicuramente risalire ad uno studio della lingua che facevo io e anche prima: si studiavano le lingue come antiche. Era più grammatica che vera lingua. Lo schema era infatti quello del Latino mentre ora il cambiamento anche dovuto ad internet è immenso: ci sono molti esempi pratici quali video, audio e non si necessita più di viaggiare (cosa che ai miei tempi non era così comune) per percepire la cultura di un’altra nazione. Era più complesso sentire la lingua parlata e questo sicuramente ha pesato. È necessario puntare su questa e sui contesti quotidiani, perché è ciò che è davvero utile. Bisognerà poi sicuramente approfondire la struttura della lingua, ma quello si farà a suo tempo. Gli italiani forse hanno scontato questo. Per di più, poco tempo prima, era il Francese ad essere studiato come lingua franca e il cambiamento ha indubbiamente compromesso l’insegnamento. Vedo però che si sono fatti molti progressi; per esempio, la lingua la parlate molto meglio rispetto a prima, quando la studiavamo noi, perché non è così estranea: si ha il tempo per abituarsi ai suoni della lingua e alle sue particolarità. Stiamo colmando adesso il divario che ci contraddistingueva dai Paesi Bassi o dalla Germania dove l’inglese era pronunciato molto meglio.
Zuin: Io credo che sia complesso perché non viene insegnato fin da piccoli. È percepito come ostico, ma non lo è. Se lo si impara da grandi o in modo superficiale diventa più complesso. Inoltre, non abbiamo l’abitudine di guardare la TV o i film in lingua inglese, come accade invece in altri Paesi europei. In Danimarca e in Olanda, a parte quelli locali, i programmi televisivi sono in lingua inglese e questo aiuta molto. Lo assimili quasi in modo passivo.
E poi c’è una nostra tipica paura: quella di sbagliare. Se non la superi hai un blocco che limita l’apprendimento. Bisogna lanciarsi anche se è possibile sbagliare miliardi di volte, ma prima o poi arriva la pronuncia corretta.
Ringraziamo innanzitutto gli intervistati, che ci hanno graziato con il loro tempo. Non scordatevi di comunicarci i vostri pareri qui nei commenti o sulla nostra mail: redazione@ilcorrieredeiragazzi.it!
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